La cultura della legalità
è risorsa scarsa nel Mezzogiorno d’Italia. A prescindere
dai più conclamati esempi di criminalità e frode, serpeggia
nelle maglie della mentalità italiana - e non solo meridionale
– l’idea secondo cui l’evasione fiscale, il sommerso,
una certa attitudine all’individualismo ed una certa cura al proprio
interesse individuale o familiare a discapito di quello pubblico, paghi
e sia più conveniente del rispetto e dell’accettazione delle
regole, dei diritti e dei doveri civili e democratici.
Nei fatti, e al di
là della retorica, sono i principi e la complessiva ideologia che
privilegia l’interesse collettivo e dimostra cura per la “cosa
pubblica” ad essere direttamente messi in discussione. In realtà,
cosa che semplici analisi socioeconomiche dimostrano con chiarezza, la
somma degli interessi individuali e della cura e manutenzione del proprio
personale tornaconto non producono un miglioramento stabile della qualità
della vita di ciascuno né migliorano l’habitat e lo spazio
sociale in cui la comunità si trova a vivere. Non solo la criminalità,
quindi, ma anche l’illegalità non paga, così come
non paga ogni comportamento individualista che si rivela lesivo rispetto
al bene pubblico.
Questo fatto, semplice
in teoria, resta oscuro ai più ed è oggetto di scarsa riflessione
e studio nei luoghi deputati a produrre cultura e opinione, come la scuola,
l’università, i media, la famiglia e il luogo di lavoro.
Dimostrare che la
legalità conviene è un compito, difficile ma non impossibile,
che ogni agenzia o istituzione con ruolo di stimolo cultuale dovrebbe
assumere come prioritario. Sono particolarmente i giovani la categoria
sociale sulla quale varrebbe più la pena lavorare, per seminare
i germi di una contro-cultura della legalità capace di sconfiggere
una mentalità che si è già rivelata, soprattutto
al sud, fortemente lesiva, per l’ambiente, per il territorio, per
la sicurezza sociale, per la qualità dei servizi e delle infrastrutture,
nella qualità del rapporto dei cittadini con le istituzioni.
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