LOTTA ALL’ ESTORSIONE, DA DOVE RIPARTIRE? RIFLESSIONE IN MEMORIA DI LIBERO GRASSI
29 anni sono passati dall’uccisione per mano mafiosa dell’imprenditore Libero Grassi.
Un’esecuzione che ha smascherato il molteplice silenzio ed isolamento nel quale si trovò.
Da allora sono stati fatti molti passi avanti nella lotta al pizzo (prima forma di controllo del territorio esercitato dai clan mafiosi) ed all’usura.
Diverse le associazioni antiracket che sono sorte per volontà di imprenditori che avevano combattuto i loro aguzzini e che desideravano prestare il loro aiuto a chi a sua volta denunciava. Noi, come As.a.e.c. Associazione antiestorsione di Catania “Libero Grassi” siamo nati pochi mesi dopo, nel novembre del 1991, proprio con questo spirito.
Innumerevoli, poi, le leggi nazionali a favore dei denunciati (la l. 108/96 contro l’usura e la l.44/99 contro il racket, la l.512/99 e la l. 3/12 di riordino e così via, seguite poi da quelle regionali (per la Sicilia la l.r. 20/99), per non parlare degli svariati regolamenti comunali che prevedono esenzioni tributarie per i commercianti che denunciano.
Insomma, strumenti diversi, talvolta poco conosciuti ma con un unico obiettivo: sostenere le vittime ed incentivare alla denuncia.
Armi potenti che hanno permesso alle vittime di trovare ristoro ed un valido sostegno processuale.
Purtroppo ad oggi, il fenomeno, tutt’altro dall’essere sconfitto – complice una cultura della rassegnazione, del “quieto vivere”, dell’omertà e sfiducia verso lo Stato – si presenta sotto molteplici forme che è necessario saper cogliere.
E allora da dove ripartire?
Innanzitutto, sebbene questi strumenti legislativi rappresentino un caposaldo nel complesso contrasto al fenomeno del racket, dell’usura, necessitano di modifiche che mirino ad aggiornare la disciplina così da adattarla ai molteplici cambiamenti che il fenomeno va assumendo.
Sarebbe, inoltre, auspicabile una maggiore sinergia fra tutti gli attori del contrasto a racket ed usura: forze dell’ordine, magistratura, prefetture, amministrazioni comunali ed associazioni antiracket, di settore e sindacali magari attraverso l’attivazione dell’Osservatorio sulla legalità, mai attivato.
Indispensabile, se non addirittura preliminare alla strategia di contrasto da adottare, indagare sul perché si continui a cadere vittima di aguzzini senza scrupoli o addirittura diventarne complici. Scarsa conoscenza degli strumenti di contrasto? Sfiducia verso una pronta e decisa reazione degli organi giudiziari? Inefficacia della funzione sociale dell’antimafia che certamente andrebbe rivista ripartendo “dal basso”? Probabilmente una sommatoria di fattori hanno contribuito ad una minore attenzione verso un fenomeno persistente nel nostro tessuto economico.
E’ necessario fare di più e meglio.