Innaugurazione Anno giudiziario 2011

Un documento che rispecchia il nostro sentire:

RELAZIONE DEL PROCURATORE REGIONALE ERMETE BOGETTI DELLA CORTE DEI CONTI DELLA LIGURIA

….l’ industrializzazione selvaggia si accompagna a devastanti effetti sugli equilibri interni di Stati, caratterizzati da standard sociali, livelli retributivi, sistemi di welfare, modelli di sicurezza, sistemi legislativi e dei controlli notevolmente meno avanzati rispetto a quelli occidentali.

Nei paesi c.d. emergenti, infatti, è diffuso lo sfruttamento del lavoro, anche minorile, in condizioni disumane e fuori del controllo di autorità in grado di esercitare reali poteri o, addirittura, corrotte e compiacenti. Le tutele sociali sono inesistenti. Fino al momento in cui riesce a svilupparsi un’ imprenditoria locale, le attività produttive rimangono saldamente nelle mani delle imprese straniere e le forze di lavoro locali sono ridotte ai livelli più bassi della gerarchia lavorativa e della manovalanza.

Non devono neppure trascurarsi le ricadute sull’ ambiente dell’ industrializzazione “selvaggia”. L’ ambiente viene devastato senza controlli e con danni permanenti per il territorio e la salute delle popolazioni (non solo locali, perché anche aria e acqua non conoscono frontiere).

Incontrollato è anche il consumo delle materie prime, delle risorse legate al territorio (acqua, terreni, foreste, ecc.) e delle fonti di energia non rinnovabili.

L’ industrializzazione planetaria – estesa anche all’ agricoltura, con ulteriore incremento di consumi energetici e dell’ impiego di prodotti chimici (fertilizzanti e pesticidi) – e l’ aumento dei trasporti di merci e persone sono tra le principali cause dell’ inquinamento globale e del riscaldamento globale.

Non deve, poi, trascurarsi che anche le organizzazioni della malavita internazionale, le quali si sono brillantemente adeguate alla globalizzazione, conseguono enormi profitti e, si dice, controllino nel mondo interi territori, interi Stati.

…Il nostro debito pubblico solo nello scorso anno è aumentato di 80 miliardi di euro, raggiungendo quota 1.842 miliardi di euro, pari al 118.5% del PIL. Il “Debito pubblico” che corrisponde a

quell’ ammontare, peraltro, è solo quello finanziario dei titoli di Stato e degli enti locali. A tale importo andrebbero aggiunte altre voci, estremamente significative, come i debiti di tutti gli altri enti pubblici (esclusi gli istituti previdenziali, che sono compresi), i debiti delle pubbliche amministrazioni verso i fornitori, le passività delle partecipate, ecc.. Ma, soprattutto, dovrebbero essere considerati “debito pubblico” anche i siti inquinati da bonificare, i rifiuti accatastati e non smaltiti, le scorie radioattive provvisoriamente stoccate (non conosco le stime italiane, se ve ne sono, ma gli USA, solo per il confinamento in profondità delle loro scorie, hanno stimato in 70 miliardi di dollari il costo previsto, avendo già individuato il sito), i relitti industriali

(fabbriche, capannoni, impianti abbandonati), gli scheletri di costruzioni incompiute, il deperimento dei beni immobili pubblici che si deteriorano senza manutenzioni (pensiamo soltanto agli edifici scolastici), il mancato restauro dei tesori d’arte, il degrado del territorio (cementificazione, disboscamenti, abbandono delle terre coltivate, ecc), che produce sempre più disastri, l’ inquinamento progressivo dell’ aria, del terreno e dell’ acqua, che determina il

diffondersi di malattie con prospettive di costi crescenti per la salute ecc.

Questa è l’ eredità che lasceremo ai nostri figli, i quali non possono né accettare con beneficio

d’inventario, nè rinunciarvi. Mentre la pressione fiscale è oltre il 43% (per chi paga le imposte, beninteso!).

Dalla crisi economica alla crisi della democrazia..

In un incontro tenuto a Palazzo Ducale il 15 febbraio il Presidente emerito delle Corte costituzionale Prof. Gustavo Zagrebelsky, parlando sul tema “Democrazia e populismi”,
osservava come, per effetto della globalizzazione e, in particolare, del pensiero unico liberista
che la supporta (universalmente condiviso dagli Stati Uniti alla Repubblica Popolare Cinese e neppure scalfito dalle crisi economiche e finanziarie), nelle c.d. “democrazie occidentali” si tenda

a seguire un percorso di svuotamento degli strumenti di partecipazione, che conduce, attraverso il populismo, alle “dittature elettive”, nelle quali della democrazia rimane un simulacro, mentre i cittadini vengono effettivamente privati della possibilità di partecipare

alle decisioni sulle possibili scelte da operare per configurare e guidare la comunità, la società, lo Stato. Se non si possono scegliere opzioni, si scelgono solo gli uomini; fra questi prevalgono coloro che riescono a influenzare ed attirare le masse e nasce il populismo. Al demiurgo, che promette la soddisfazione dei bisogni, viene delegata acriticamente l’ amministrazione della cosa pubblica: “pensaci tu”. L’ aspettativa, la convinzione è che il demiurgo soddisfi proprio i nostri specifici interessi, anche a danno di quelli degli altri. Ciò massimamente è possibile in momenti di crisi economica, quando le persone si sentono minacciate nella conservazione del proprio tenore di vita. Osservava che anche prima d’oggi abbiamo assistito alla degenerazione e al crollo di democrazie attraverso procedure formalmente democratiche, con la nascita del fascismo e del nazismo e sottolineava che nessuno, anche allora, si era opposto efficacemente alla rovina del sistema democratico. Il Prof. Zagrebelsky evidenziava che la democrazia, al contrario della degenerazione populista, presuppone la capacità di scegliere consapevolmente il sacrificio di una parte dei nostri interessi per consentire il conseguimento – o almeno il perseguimento – del bene comune.

L’ analisi, impietosa, mi sembra corretta. L’ attuale configurazione del mercato globale esalta l’ egoismo più grezzo. Favorisce una mentalità imprenditoriale basata sul profitto senza regole: è una degenerazione del liberismo. Vince e prospera chi meglio riesce a sfruttare le persone, corrompere quelli che indebitamente possono fornirgli un’utilità, eludere vincoli o controlli o tasse, non rispettare i propri impegni, ecc …. Gli altri al più sopravvivono o soccombono.

….Dalla crisi della democrazia alla crisi della giustizia

E alla crisi della democrazia si accompagna, inscindibilmente, quella della giustizia.

…Queste c.d. “riforme della Giustizia” sono caratterizzate da un comune aspetto. Il pubblico ministero allontanato dal giudice e relegato al ruolo di parte, tenderà ad assumerne l’ atteggiamento mentale: sarà più “di parte” e, quindi, meno “giusto”. Il doppio C.S.M., nelle prospettate nuove composizioni, sarà più assoggettato alla politica e, perciò, tutelerà meno l’ indipendenza della Magistratura, rendendola più condizionabile e, dunque, meno “giusta”. Con il “processo breve” i processi, che si estingueranno per superamento del limite di durata, si aggiungeranno a quelli – già ora numerosissimi – chiusi per prescrizione del reato: aumenteranno i casi di negata giustizia. Con la limitazione delle intercettazioni sarà più difficile individuare gli autori dei reati.

Dunque – paradossalmente, ma non proprio – il filo conduttore delle annunciate riforme è: meno giustizia. Accanto alle annunciate riforme della giustizia si sviluppa, parallelamente, una serrata campagna di delegittimazione della magistratura. In particolare il Pubblico Ministero è descritto come “nemico della democrazia” quando disvela con le intercettazioni telefoniche – strumento asseritamente abusato – i segreti dei potenti…

…In particolare, nella modifica dell’ art. 41, il principio, secondo cui l’ iniziativa privata non può svolgersi in contrasto con l’ utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, verrebbe sostituito dal principio secondo il quale è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge. Ciò per dare impulso all’ economia. Verrebbe da chiedersi, allora, se l’ intendimento perseguito, quello di consentire che l’ iniziativa privata si sviluppi libera dai lacci dell’ utilità sociale, comporti l’accettazione che l’ iniziativa privata possa realizzarsi anche in contrasto con l’ utilità sociale e/o compromettendo la sicurezza, la libertà e la dignità umana.