COMUNICATO ASAEC

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A seguito delle notizie pubblicate oggi sui quotidiani, che vedono il presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante, indagato per reati di mafia alla Procura della Repubblica di Caltanissetta e di Catania e del consigliere comunale Giuseppe Faraone denunciato per concorso in tentata estorsione, la nostra associazione vuole ribadire quanto da anni sostiene sul concetto di “antimafia”.

Solo tre settimane fa Montante era stato nominato, su proposta del Ministero dell’interno, componente dell’Agenzia dei beni confiscati, un incarico molto importante sul destino di patrimoni del valore di miliardi di euro.
Posizione molto più compromettente quella di Giuseppe Faraone che amava definirsi “
paladino della legalità”, deputato regionale e poi assessore provinciale e primo dei non eletti alle ultime regionali del 2012. Ad inchiodarlo oltre le denunce di 14 commercianti anche parecchie intercettazioni ambientali con uno degli esponenti di una pericolosa famiglia mafiosa di Palermo.

Ecco che torniamo a ripetere il solito interrogativo: l’antimafia è ancora paladina della legalità?

Il variegato mondo dell’antimafia è molto cresciuto negli ultimi anni, tuttavia il sistema mafioso non sembra essere stato minimamente scalfito.Addirittura alla moltiplicazione delle attività antimafia è corrisposto un incremento delle attività criminali.

La corruzione ha preso il posto dell’intimidazione e l’impegno delle istituzioni non può bastare a scovare gli inconfessabili accordi tra cittadini che, con una stretta di mano, in relazione al ruolo che ricoprono nella società, si alleano per realizzare reati contro la collettività.

L’antimafia nata nei primi anni ’90 per contrastare proprio il dilagante fenomeno della criminalità si è via via trasformata in un carrozzone che qualche volta vive e si alimenta con i finanziamenti pubblici e privati. Altre volte serve a dare visibilità ad oscuri personaggi che fanno improvvise e folgoranti carriere. Figli e parenti di persone uccise dalla mafia assurgono a ruoli di responsabilità anche quando non ne hanno obbiettivamente le prerogative.

Il problema non sta dunque in coloro che tessono relazioni inconfessabili o in coloro che ricoprono immeritatamente ruoli ufficiali ma nella incapacità delle Istituzioni a contrastare tali fenomeni.

Spesso le associazioni rappresentative di grosse fasce sociali chiamano personaggi di bassa levatura intellettuale e soprattutto morale a ricoprire ruoli delicati. Il problema in questo caso è che le Istituzioni non sono in grado di intervenire e questo mancato intervento procura effetti collaterali devastanti nella società che si sente smarrita.

La gente non è più in grado di riconoscere i valori dell’onestà, della dignità della coerenza.

Se un poco di buono viene accettato, invitato alle cerimonie ufficiali, e nei salotto buoni, intervistato o tenuto in considerazione vuol dire che non c’è più differenza tra la gente onesta e quella disonesta.

Differenza che noi rimarchiamo assieme a chi crede, come noi, che combattere la mafia non sia un lavoro ma una missione.
E lo facciamo ogni giorno senza passerelle e senza generose contribuzioni.

Catania, 9 Febbraio 2015

                                                                                A.S.A.E.C.

                                                                          Associazione Antiestorsione di Catania Libero Grassi