LETTERA DELLE ASSOCIAZIONI ANTIRACKET DELLA PROVINCIA DI CATANIA

CONSUMO CRITICO: «INVITIAMO ORDINI E ASSOCIAZIONI A COLLABORARE»

CATANIA – In seguito ai recenti episodi di cronaca che svelano il falso comportamento di alcuni imprenditori siciliani ai danni dello Stato, l’Asaec – Associazione antiestorsione di Catania “Libero Grassi” – rende noto che ieri, 1 aprile 2010, le associazioni antiracket della provincia di Catania si sono riunite «per far seguire allo sdegno i fatti concreti».


Asaec, Afa, Asara, Asaae, Ala, Asaes e Associazione pedemontana di Confcommercio hanno deciso di firmare una lettera che verrà inviata a tutte le associazioni di categoria e agli ordini professionali con l’invito a intraprendere una collaborazione, anche con i ragazzi di Addiopizzocatania. Questi ultimi, che hanno già raccolto le firme di migliaia di cittadini che si sono dichiarati pronti ad acquistare presso gli esercizi commerciali che non pagano il pizzo, stanno ultimando la lista degli imprenditori che hanno dichiarato di non volerlo pagare.

«I fatti accaduti in questi giorni – spiegano i soci – a proposito degli inammissibili comportamenti di alcuni imprenditori che si sono ribellati al racket delle estorsioni, mettono in luce un problema che l’Asaec aveva paventato già nel 1999, quando la Regione Siciliana, approvando la legge 20/99, considerava la possibilità di finanziare le associazioni antiracket. L’interesse ai finanziamenti, che può allettare anche chi non è spinto da un sincero moto di ribellione al pizzo, era visto allora come l’unico ma gravissimo effetto indesiderato di tale forma di elargizione. Invece la povertà dell’animo in taluni casi ha dimostrato di non avere limiti, allargando la base del degrado sociale, aggiungendo nuova miseria all’esistenza e offendendo l’operato di tanti imprenditori volenterosi e onesti che continuano a impegnarsi quotidianamente contro il racket. Successivamente si apprese la notizia che attraverso i pizzini i boss dal carcere consigliavano agli imprenditori collusi di iscriversi alle associazioni antiracket per eludere i controlli delle forze dell’ordine».

«Oggi siamo di fronte a molti segnali ancora più inquietanti che – concludono i soci – se provati in fase processuale, metterebbero a nudo la volontà di alcuni soggetti di sfruttare l’appartenenza alle associazioni per eludere la legge ottenendone privilegi personali a danno della collettività. E di coloro che ottengono privilegi millantando una fantomatica lotta alla mafia chi potrà mai occuparsi? Chi potrà mai essere in grado di leggere dentro l’animo delle persone? È doveroso intensificare i controlli da parte delle associazioni, da parte delle forze dell’ordine e delle prefetture. Sarebbe auspicabile uno sforzo collettivo rivolto a ripristinare quei valori sui quali è fondata la nostra costituzione: la dignità, la civiltà, la coscienza personale, l’amor proprio, il rispetto per l’altro, il rigore morale. Del resto una società senza valori nei quali riconoscersi è come una nave senza timone: destinata alla deriva».

2 aprile 2010